Fenomenologia del fotografo

Stamattina in radio hanno intervistato un ascoltatore, che raccontava di essere un fotografo amatoriale e che si stava apprestando a partire per le vacanze: oltre al telo mare si porta dietro anche lo zaino fotografico, con corpi e 10 obiettivi. Si, avete letto bene: 10. Forse neanche in tutta la mia carriera ho mai avuto 10 obiettivi.
Anche tra i professionisti vedo questa tendenza. Mi capita di confrontarmi soprattutto sotto palco con alcuni amici che, come me, cercano di ridurrre al massimo la loro attrezzatura, ma molto spesso vedo colleghi che arrivano con trolley giganteschi, 4 o 5 corpi e decine di obiettivi.

Pur essendo consapevole di non viaggiare leggerissimo, mi fermo a due corpi e due obiettivi. Certo, il reportage permette di lavorare davvero molto leggeri, ma anche la fotografia live non scherza. Potevo capire quando si scattava in analogico, dovevi avere più corpi per il colore, per il bianco e nero e per le varie sensibilità e di conseguenza più obiettivi, ma ora proprio la vedo solo come mero sfoggio di tecnologia o per cercare di compemsare lacune artistiche/tecniche/compositive.

Personalmente rimango della mia idea: un grandangolo e un tele su full frame a me bastano.




La fotografia è…

Per me la fotografia è conoscenza. Attraverso essa riesco a conoscere nuovi mondi, entro in rapporto con persone che normalmente non incontrerei e vivo situazioni che difficilmente avrei vissuto.

Per me la fotografia è emozione. La fotografia deve emozionare, deve far provare dei sentimenti a chi la guarda. Se non ci riesce, allora non è una buona fotografia.

Per me la fotografia non è tecnica. Per me la tecnica va in secondo piano rispetto al messaggio che si vuole comunicare.

Per me la fotografia non è estetica. Non esistono belle o brutte fotografie, ma fotografie che cominciano qualcosa o no.

Per me la fotografia è un linguaggio universale. Con esso possiamo descrivere noi stessi e il nostro mondo senza utilizzare neanche una parola.